Il parere degli altri conta.
Infatti, ogni contenuto che creiamo ha lo scopo di ottenere consenso.
In questa dinamica non c’è niente di sbagliato, il problema sorge quando ci focalizziamo sulle persone sbagliate: in quel caso, ottenere il consenso non dovrebbe essere una nostra priorità.
ll parere delle persone sbagliate non conta
Purtroppo, spesso ci preoccupiamo del parere delle persone sbagliate.
Questo succede in qualsiasi ambito della nostra vita e di conseguenza anche nella creazione di contenuti: qui concorrenti e addetti ai lavori influenzano senza motivo i nostri contenuti.
In realtà, siamo noi a permettergli di condizionare il nostro lavoro e lo facciamo nel momento in cui decidiamo di tenere in considerazione la loro opinione.
Perché?
Non vogliamo fare brutta figura. Al contrario, vogliamo sempre risultare preparati, esperti e competenti.
È così che finiamo col modellare i nostri contenuti in base alla valutazione di:
– colleghi
– addetti ai lavori
– concorrenti
– …
Pensandoci bene però, ci preoccupiamo delle uniche persone che non influiscono sui dati di vendita e non determinano la scelta d’acquisto finale dei clienti.
Potranno manifestarci stima professionale, rispetto e conferirci altre forme di apprezzamento sempre gradite, ma non influiscono sul nostro fatturato.
Conta solo il parere dei clienti
In tutto questo delirio di auto affermazione ci dimentichiamo che i contenuti che creiamo sono per i nostri clienti e questi – quasi sempre – non hanno gli stessi parametri di valutazione della concorrenza.
Il rischio è proprio questo: investire per produrre contenuti che avranno un effetto controproducente, cioè che allontaneranno i clienti invece di avvicinarli.
Succede perché tutti quei contenuti pensati per dimostrare agli altri la nostra bravura, spaventano i clienti e li allontanano, o in molti casi risultano incomprensibili.
In pratica, con i nostri stessi contenuti andiamo ad ottenere l’unica cosa di cui dovremmo davvero avere paura: generare indifferenza.
Ecco perché quando creiamo un contenuto l’unica figura che dobbiamo avere in testa è quella del nostro cliente tipo, e modellare la nostra comunicazione sulle sue paure, sulle sue richieste ricorrenti, sui suoi bisogni, suoi sui dubbi e su tutto ciò che può costituire una risposta ai suoi interrogativi.
Gli altri possono aspettare.
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